Arnaldo Pomodoro
Porte dell’Edipo, 1988
bronzo, 63 × 74 × 40 cm
Nel 2008 Bruno Corà, parlando dei “portali” scolpiti da Pomodoro, parla di “una porta-soglia-muro in cui l’artista ha proiettato, integrandole e metabolizzandole in un esito di intensità pressoché inedita, molte soluzioni plastiche in cui l’intero repertorio geometrico e suoi derivati attuano una spazialità altorilevata caotica ma al contempo solenne e registrata. Aggetti cubici, cavità triangolari, poligoni, sfere e semisfere, fori tondi, cunei, frecce, superfici curve, crepe si rendono tra loro organici, affiorando o sprofondando in una materia bronzea di aspetto corrusco, un territorio flegreo gremito di emblemi che la deriva della mente e dell’inconscio agitato da pulsioni ha sospinto, come su una spiaggia, fino al presente dei nostri pensieri. Non è necessario aver letto il seminario di Jacques Lacan dedicato anche all’Edipo nel 1957-1958 o aver meditato sui lucidi approfondimenti di Gilles Deleuze per intuire dietro i morfemi di Pomodoro le inquietudini sue nell’interpretazione della tragica figura mitica”.
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