Eliseo Mattiacci
Fluidità, 1999
disco in ferro, con alluminio fuso e aggrappato, ∅ 200 × 2 cm
Mattiacci è uno dei protagonisti delle tendenze italiane più sperimentali. Dalla fine degli anni Sessanta non ha esitato a sostituire all’opera comunemente intesa l’evento svolto in tempo reale o l’installazione con i materiali più inusuali (come il suo famoso Tubo di 150 metri del 1967), con una particolare predilezione per i metalli. Solo dall’inizio degli anni Ottanta l’opera riafferma la sua centralità di oggetto, anche se sfugge alle connotazioni tradizionali della scultura. Mattiacci crea infatti forme semplici dalla forte connotazione simbolica, con esplicito riferimento al cosmo. Grandi scudi circolari in ferro liberamente collocati nello spazio, sfere, putrelle diventato altrettanti emblemi: la scultura tende a trascendere la propria struttura fisica per farsi indice di una dimensione ulteriore, infinita. Anche Fluidità risente di questa tensione. Sull’ampia superficie di un disco in ferro, le colate di alluminio fuso si rapprendono in dense chiazze di diverso colore e danno all’opera l’aspetto di un misterioso corpo celeste.
da: Fondazione Arnaldo Pomodoro. La Collezione permanente, catalogo della mostra, a cura di G. Verzotti, A. Vettese, Milano, Skira, 2007, p. 176.